Domande frequenti e le risposte più importanti
Qui troverà delle domande che potrebbero sorgere visionando i filmati o durante la discussione, con le risposte più importanti, intese come stimolo alla riflessione.
Quale è la differenza fra un colloquio in una situazione di trialogo e un dialogo?
La prima differenza è legata al numero di persone
che partecipano al colloquio. Tuttavia, questa banale constatazione ha
conseguenze molto vaste. La normale costellazione di un dialogo diretto, tipica
di molte professioni, viene infatti scombussolata dalla presenza di
un’ulteriore persona. L’interprete interculturale non deve comunque essere
percepito come un fattore perturbante! La sua presenza (anche ed esplicitamente
quale persona con esperienza, sapere e capacità di valutazione) contribuisce in
modo essenziale ad una buona comunicazione.
Un colloquio in una situazione di trialogo, con
traduzione consecutiva degli interventi, richiede molto più tempo di uno
scambio diretto. Quando si pianifica il colloquio è necessario tener conto di
questa realtà. Per molti specialisti il trialogo ha comunque anche un grande
vantaggio: un colloquio in una situazione di trialogo è molto più tranquillo
che un dialogo e gli specialisti hanno tempo di osservare anche i segnali non verbali
del loro interlocutore.
La dipendenza dall’interprete interculturale può
essere interpretata da uno specialista come una perdita di controllo. In
effetti, la posizione dell’interprete interculturale è una posizione di potere:
attraverso la sua funzione di tramite l’interprete interculturale garantisce la
comunicazione e comprensione fra le parti. Una sua eventuale incompetenza può
influenzare fortemente lo scambio fra i partecipanti al colloquio. E’ pertanto
molto importante che nell’ambito della collaborazione fra lo specialista e
l’interprete interculturale si crei un clima di fiducia. Questo clima dipende
dall’atteggiamento professionale di entrambe le parti, dalle competenze
necessarie, ma anche dalla disponibilità dello specialista di non dare, al
momento della valutazione del trialogo, un’importanza troppo grande ad
un’eventuale perdita, da parte sua, del controllo della discussione, cercando
invece di interpretare come un arricchimento la collaborazione con un/una
esperto/a culturale e linguistico, che fa da tramite.
Che cos’é l’interpretariato telefonico?
L’interpretariato telefonico è una variante dell’interpretariato interculturale e un completamento dell’interpretariato sul posto. Sia l’interpretariato interculturale sul posto, che l’interpretariato telefonico, costituiscono una forma di collaborazione professionale fra specialisti provenienti dagli ambienti della formazione, della salute e del sociale e interpreti interculturali qualificati. Anche gli interpreti del Servizio nazionale d’interpretariato telefonico dispongono, di regola, del certificato INTERPRET o dell’attestato professionale federale.
Nel caso dell’interpretariato telefonico i partecipanti al colloquio sono collegati fra di loro per via telefonica. In questo caso la persona straniera non deve essere necessariamente presente nello stesso luogo dello specialista ma può essere contattato/a telefonicamente e partecipare così al colloquio.
L’interpretariato telefonico è indicato ogni qualvolta è necessario capirsi rapidamente, soprattutto nell’ambito di colloqui brevi e/o non pianificabili, situazioni di emergenza o situazioni nelle quali deve essere garantito l’anonimato.
Come possono gli specialisti prepararsi per un colloquio in una situazione di trialogo?
Oltre all’abituale preparazione ad un colloquio (contenuti, obiettivi, ecc.) al momento della pianificazione della collaborazione in una situazione di trialogo, bisogna saper dare una risposta alle seguenti domande:
- Quali lingue parlano i partecipanti al colloquio? Da dove vengono esattamente queste persone?
- Quale influsso possono avere l’età, il sesso, la religione, l’etnia, il livello sociale o l’origine regionale sulla comprensione fra i partecipanti al colloquio e l’interprete interculturale? Di che cosa bisogna tener conto al momento della scelta dell’interprete interculturale?
- Quanto dovrebbe durare il colloquio? (Un colloquio in una situazione di trialogo richiede molto più tempo di un dialogo “normale” . Nella pianificazione è necessario tener conto di questo aspetto).
- Dove ha luogo il colloquio?
- Come trovare l’interprete interculturale adatto? Come ci si può accertare che l’interprete interculturale ha ricevuto tutte le informazioni preliminari necessarie per prepararsi al colloquio?
- Chi paga l’intervento dell’interprete interculturale? Quali direttive amministrative devono essere rispettate?
Come possono prepararsi gli interpreti interculturali per un intervento?
In generale si può dire che più informazioni un interprete interculturale ha sull’imminente colloquio, meglio può prepararsi. Se ad esempio conosce i contenuti e gli obiettivi del colloquio, può effettuare delle ricerche mirate concernenti il contenuto e la terminologia e farsi un glossario con i termini specifici più importanti. Se sa anche ad esempio da dove viene il suo interlocutore e a quale ceto sociale o culturale appartiene, può prepararsi interiormente al colloquio e ad eventuali domande o difficoltà di comprensione.
A che cosa serve un colloquio preliminare?
Un colloquio preliminare fra lo specialista e l’interprete interculturale contribuisce in modo essenziale ad una buona collaborazione . nel colloquio preliminare possono essere tematizzati i seguenti punti:
- Chi sono le persone che partecipano al colloquio? Per chi tradurrà l’interprete (origine, età, background professionale/sociale/culturale, ecc.)
- Quali sono i temi e i contenuti del colloquio? Quali gli obiettivi prefissi? Quali idee, quali termini specifici sono importanti per la comprensione? Come si potrebbero spiegare i contenuti con altre parole? Come si potrebbe tradurre in un altro modo?
- Come funziona la collaborazione? Come vengono distribuiti i vari ruoli?
- Che tipo di traduzione ci si aspetta? Unicamente una traduzione esatta e completa o eventualmente anche qualche chiarimento supplementare e qualche indicazione in più.
- E’ necessario tener conto di determinati aspetti culturali?
Il colloquio preliminare permette pure allo/alla specialista di incoraggiare l’interprete interculturale a fargli/farle notare quando ad esempio le sue frasi sono troppo lunghe, le pause troppo corte o quando usa troppi termini tecnici. Anche questi aspetti contribuiscono a creare una collaborazione professionale, basata sulla fiducia reciproca.
Che cosa è importante all’inizio del colloquio?
La disposizione dei posti a triangolo aiuta a definire la struttura dei rapporti. In tal modo il contatto visivo è semplice e diretto per tutti e l’interprete interculturale, pur essendo in una posizione neutrale, è completamente integrato nel colloquio.
Tutti i partecipanti al colloquio devono essere presentati o avere la possibilità di presentarsi da soli. In questa occasione vengono anche illustrati in modo trasparente i vari ruoli e compiti e viene fatto notare che sia lo specialista, che l’interprete interculturale sono tenuti a rispettare il segreto professionale.
Tutti i partecipanti devono essere d’accordo di lavorare con l’interprete interculturale. Potenziali conflitti d’interesse per motivi sociali, religiosi, etnici o legati alla problematica uomo/donna possono ripercuotersi negativamente sull’andamento del colloquio. Se i partecipanti al colloquio non sono d’accordo con la presenza di un determinato interprete, devono poter esprimere il loro disaccordo. Anche l’interprete interculturale ha il diritto di rifiutare un incarico d’interpretariato.
Perché é importante fare riferimento all’obbligo di rispettare il segreto professionale?
Gli interpreti interculturali sono tenuti (come in generale anche gli specialisti) a rispettare il segreto professionale. Il fatto di menzionare questo aspetto fin dall’inizio del colloquio rafforza la posizione neutrale e professionale dell’interprete interculturale e permette a tutti i partecipanti di essere più aperti al colloquio. Spesso, quando i migranti si rifiutano di fare ricorso ad un interprete interculturale, lo fanno perché temono che informazioni private vengano trasmesse ad altri. L’informazione concernente il rispetto del segreto professionale permette quindi che si crei un clima di fiducia che, a sua volta, è la base per una collaborazione costruttiva.
Come strutturare in modo chiaro la distribuzione dei ruoli e dei compiti?
L’interprete interculturale si trova, in certo qual modo, al centro del colloquio. Solo l’interprete capisce tutto quanto viene detto ed è lui/lei che stabilisce la comunicazione fra lo specialista e il suo interlocutore. Nonostante questa posizione centrale e “potente” spetta interamente allo specialista condurre il colloquio. L’esperto definisce i contenuti, gli obiettivi e lo svolgimento del colloquio. L’andamento di quest’ultimo deve essere in ogni momento nelle mani dell’esperto, che stabilisce pure in che modo l’interprete interculturale deve esercitare la sua funzione. E’quindi importante che lo specialista illustri con molta precisione le sue aspettative all’interprete: vuole semplicemente una traduzione esatta e competa o anche qualche informazione supplementare e altre indicazioni utili? Lo specialista vuole ad esempio che la connotazione emotiva delle parole, usate dal suo interlocutore, venga sottolineata o che determinati modi dire vengano spiegati? L’interprete interculturale svolge il suo ruolo secondo le esigenze dello specialista.
Nel colloquio preliminare fra l’esperto e l’interprete queste aspettative vanno chiarite e la collaborazione deve essere definita in modo preciso. Il colloquio finale, invece, serve allo scambio reciproco di impressioni e osservazioni e all’analisi di eventuali ipotesi. In questo modo può nascere una vera collaborazione, che a sua volta è la base per la buona riuscita del colloquio nella situazione di trialogo.
Come può lo specialista strutturare il colloquio a tre nel miglior modo possibile?
La buona riuscita di un colloquio in una situazione di trialogo dipende in modo determinante dalla collaborazione con l’interprete interculturale. Lo specialista può contribuire molto a questa buona collaborazione.
Prima del colloquio:
- chiarire le origini dei partecipanti al colloquio
- definire i contenuti, gli obiettivi e le condizioni del colloquio
- comunicare queste informazioni all’interprete interculturale (al momento dell’affidamento dell’incarico o, al più tardi, durante il colloquio preliminare)
- chiarire le aspettative, il modo di procedere, la distribuzione dei ruoli con l’interprete interculturale nel quadro del colloquio preliminare
All’inizio del colloquio:
- presentazione di tutti i partecipanti e spiegazione dei vari ruoli
- riferimento all’obbligo di rispetto del segreto professionale (specialista e interprete interculturale)
- richiesta dell’accordo sulla scelta dell’interprete interculturale
Durante il colloquio:
- prendere atto, in modo consapevole, del proprio ruolo di responsabile della gestione del colloquio durante tutta la discussione
- rivolgersi in modo diretto all’interlocutore e assicurarsi di avere un contatto visivo diretto
- usare un linguaggio chiaro e semplice
- fare abbastanza pause e cercare di formulare frasi brevi
- assicurarsi che tutti sappiano sempre di che cosa si sta parlando e che tutti riescano a seguire il contenuto della discussione
- avere pazienza perché una traduzione richiede tempo
- sfruttare i momenti durante la traduzione per osservare i segnali non verbali
Colloquio finale:
- Punti poco chiari possono essere chiariti, domande e osservazioni sull’atteggiamento dell’interlocutore possono essere formulati e classificati
- Valutazione e feedback (riconoscere eventuali possibilità di miglioramento nella collaborazione)
- Debriefing (discussione e analisi dei contenuti difficili e delle proprie esperienze)
Come può lo specialista capire se è stato capito?
In linea di massima lo specialista dovrebbe usare un linguaggio semplice. Questo vale anche quando è presente un interprete interculturale, responsabile della traduzione. L’interprete interculturale ha, è vero, conoscenze di base nei vari campi d’intervento e ha imparato i necessari termini tecnici ma, come i pazienti e clienti, non è affatto uno specialista del relativo settore. Per questo motivo, come nel discorso diretto, anche in una situazione di trialogo si dovrebbe evitare di usare termini specialistici, doppi sensi, espressioni astratte, abbreviazioni, frasi idiomatiche e doppie negazioni. Spetta sempre allo specialista la decisione di usare un linguaggio comprensibile a tutti.
Se non si può evitare di usare termini tecnici e parole straniere, lo specialista si assicura, nel corso del colloquio preliminare o anche durante il colloquio a tre, che l’interprete interculturale abbia capito il significato di tali termini e sappia tradurli in modo corretto. Lo specialista può eventualmente cercare con l’interprete interculturale soluzioni alternative di traduzione.
Durante il colloquio lo specialista non deve aver timore di chiedere a più riprese se l’interlocutore ha capito le sue spiegazioni ed essere pronto a riformulare, eventualmente anche più volte, alcune dichiarazioni essenziali, affinché il suo interlocutore le capisca.
Quali sono le competenze degli interpreti interculturali?
Gli interpreti interculturali sono gli esperti della traduzione orale (generalmente interpretazione consecutiva) in una situazione di trialogo. Traducono tenendo conto degli aspetti sociali, etnici, culturali e di ceto sociale dei partecipanti al colloquio. Gli interpreti interculturali
- dispongono di comprovate conoscenze linguistiche nella lingua d’interpretariato e nella lingua ufficiale locale
- dispongono delle necessarie tecniche di lavoro e di adeguati strumenti per garantire una traduzione corretta, completa e adeguata
- dispongono delle conoscenze di base nei rispettivi campi d’intervento (formazione, salute, sociale)
- conoscono i possibili malintesi e conflitti che possono sorgere in questo contesto e sono in grado di reagire in modo adeguato
- dispongono di conoscenze di base nel campo della comunicazione interculturale e dell’interazione
- conoscono il loro ruolo nell’ambito di una situazione di trialogo e lavorano secondo i principi etici della professione (segreto professionale, neutralità, ecc.)
- disponono delle necessarie strategie per non lasciarsi coinvolgere personalmente dalle problematiche, per saper riflettere e mettersi in questione e per sapersi aiutare da soli
Gli interpreti interculturali con il certificato INTERPRET o con l’attestato professionale federale si impegnano a svolgere il loro lavoro secondo i principi del codice professionale.
Come si vede se l’interprete interculturale è professionale?
Oltre alle competenze necessarie per esercitare la professione (conoscenze linguistiche, tecniche d’interpretariato, conoscenze dei campi d’intervento, vocabolario tecnico, ecc.) gli interpreti interculturali sono consapevoli del loro ruolo e hanno una buona capacità di riflessione. Nel loro lavoro solo le combinazioni linguistiche sono una compoonente fissa. Tutti gli altri aspetti variano di volta in volta: le persone, per le quali traducono, i temi, le domande e le problematiche – che cambiano da un intervento all’altro – e anche il modo di agire e le aspettative dei vari specialisti possono variare molto di volta in volta. Ciò significa che l’interprete deve essere in grado di rivedere costantemente il proprio ruolo all’interno di contesti ed esigenze che cambiano e di analizzare in modo critico il poprio comportamento. Un atteggiamento professionale da parte di un interprete interculturale esperto si riflette nella capacità di contribuire in modo mirato alla realizzazione di condizioni quadro per l’adempimento del suo intervento, avvertendo ad esempio gli specialisti quando le loro spiegazioni sono troppo lunghe, o quando usano troppe parole difficili. Un atteggiamento professionale significa anche chiedere più colloqui preliminari e finali, far capire che per prepararsi bene per un colloquio è necessario poter disporre di informazioni concrete sull’imminente incarico.
La professionalità di un interprete interculturale si riflette anche nella capacità di assumere in qualsiasi momento una posizione neutrale. Da un lato lavora su incarico dello specialista, dall’altro ha molti punti in comune con i partecipanti stranieri al colloquio (lingua, origine, esperienze comuni, cultura, ecc.). In realtà, l’interprete interculturale è, in primo luogo, al servizio della comunicazione e ha gli stessi obblighi verso tutti i partecipanti al colloquio. Rendere comprensibile, in modo chiaro e costruttivo, questo aspetto della neutralità e metterlo in pratica con coerenza, richiede un alto grado di professionalità.
La professionalità si manifesta anche nella capacità di adottare le giuste tecniche e strategie per non lasciarsi coinvolgere personalmente dai problemi di terzi.
Come può lo specialista appoggiare il compito dell’interprete interculturale?
Gli specialisti dovrebbero usare un linguaggio semplice e comprensibile. L’interprete interculturale ha, è vero, conoscenze di base nei vari campi d’intervento e ha imparato i necessari termini tecnici ma, come i pazienti e i clienti, non è affatto uno specialista del relativo settore. Per questo motivo, come nel discorso diretto, anche in una situazione di trialogo si dovrebbe evitare di usare termini specialistici, doppi sensi, espressioni astratte, abbreviazioni, frasi idiomatiche e doppie negazioni. Spetta sempre allo specialista la decisione di usare un linguaggio comprensibile a tutti. Se non si può evitare di usare termini tecnici e parole straniere, lo specialista si assicura, nel corso del colloquio preliminare o anche durante il colloquio a tre, che l’interprete interculturale abbia capito il significato di tali termini e sappia tradurli in modo corretto. Lo specialista può eventualmente cercare con l’interprete interculturale soluzioni alternative di traduzione.
Una chiara strutturazione del colloquio, con passaggi brevi e pause a sufficienza, facilita il lavoro dell’interprete interculturale. Gli specialisti dovrebbero porre, se possibile, domande brevi e fare osservazioni altrettanto brevi. Nel caso di spiegazioni lunghe, dopo due o tre frasi l’interprete interculturale deve avere la possibilità di tradurre quanto è stato detto.
Perché lavorare sempre con lo stesso interprete interculturale può essere un vantaggio?
Una collaborazione che dura nel tempo permette di creare un rapporto di fiducia fra tutti i partecipanti al colloquio. Se l’interprete interculturale conosce bene i due mondi – quello degli specialisti e quello degli interlocutori – può esercitare la sua funzione di tramite in modo completo. Contemporaneamente, lo specialista può dare più responsabilità all’interprete interculturale e più libertà nella gestione della traduzione se fra lo specialista e l’interprete esiste un rapporto di fiducia e la comunicazione funziona bene. D’altro canto, un rapporto di fiducia fra l’interprete interculturale e l’interlocutore di lingua straniera a sua volta ha ripercussioni positive anche sulla comunicazione e collaborazione con lo specialista. In questo modo l’interprete interculturale diventa – se lo specialista lo desidera – un vero e proprio collaboratore, senza che debba mettere in questione il suo atteggiamento professionale e il suo ruolo.
In che misura la capacità di collaborazione in una situazione di trialogo fa parte della competenza transculturale?
La competenza transculturale è la capacità di interfacciarsi con altre persone nella loro situazione di vita individuale, senza pregiudizi. Fra gli aspetti essenziali figurano fra l’altro un attegiamento aperto, curioso, la capacità di comunicazione e di riflessione, la tolleranza nelle situazioni ambigue ma anche le conoscenze specifiche sulle differenze e le similitudini. La competenza transculturale aiuta ad individuare situazioni problematiche specifiche alla migrazione e ad agire in modo adeguato e non discriminante nella vita quotiiana professionale. Fanno parte di questa competenza anche la capacità di riconoscere il bisogno di assistenza e di collaborare con altre persone, ad esempio interpreti interculturali.
Agire in modo competente dal punto di vista transculturale presuppone, nella collaborazione con interpreti interculturali, anche la disponibilità ad adeguare i propri modi di agire e di comportamento allo scopo di poter lavorare insieme e con gli stessi diritti.
Per gli interpreti interculturali la competenza transculturale consiste in primo luogo nella consapevolezza che non ci si può mai esprimere in modo conclusivo su un individuo nonostante l’origine e la lingua comuni. Il pericolo di abbandonarsi alle culturalizzazioni e stereotipizzazioni può colpire allo stesso modo sia gli interpreti interculturali che gli specialisti.
Che valore dare agli aspetti culturali?
Il valore che gli interlocutori di lingua straniera danno ad un sano modo di vivere, alla partecipazione dei genitori, agli obblighi e ai diritti in campo sociale, ecc. può divergere notevolmente dall’interpretazione dello specialista. In che misura queste differenze, legate al background sociale e culturale, svolgano un ruolo importante all’interno del trialogo dipende dai contenuti del colloquio e dagli obiettivi di quest’ultimo ma anche dal modo di procedere e dall’atteggiamento dello specialista. Se alcuni esperti ignorano volutamente gli aspetti culturali, altri danno invece molto peso all’analisi e alla spiegazione di tali differenze. Di conseguenza, gli aspetti culturali hanno un’importanza diversa anche per il ruolo degli interpreti interculturali. Il peso da dare ai diversi temi durante il trialogo dovrebbe pertanto essere tematizzato – nel caso ideale -nel quadro di un colloquio preliminare fra lo specialista e l’interprete interculturale.
In linea di massima il compito dell’interprete interculturale è quello di garantire una traduzione completa, esatta ed adeguata di tutti i contributi al colloquio. Va sottolineato che ogni traduzione ha imperativamente anche una connotazione culturale e personale – indipendentemente da evidenti differenze “culturali”. Lo specialista ha comunque l’esigenza (e il diritto) ad una traduzione il più possibile esatta e fedele al contenuto.
Sulla base delle loro competenze specifiche e personali gli interpreti interculturali sono in grado, d’accordo, rispettivamente su richiesta dello specialista, di richiamare l’attenzione su determinate differenze culturali, risolvere possibili malintesi, spiegare e offrire il proprio aiuto. Ciò può essere molto utile soprattutto nel caso di temi fortemente emotivi o complessi (passaggio da un livello scolastico all’altro, grave diagnosi, esperienze traumatiche, ecc.). Lo specialista può trarre profitto in modo mirato dalla conoscenza dell’interprete interculturale dei vari mondi, dei modi di agire, delle supposizioni e aspettative. Tuttavia, spesso è più utile porre delle specifiche domande direttamente al proprio interlocutore che obbligare l’interprete interculturale a svolgere il ruolo di esperto culturale, situazione che potrebbe portare, in determinate circostanze, piuttosto ad una stereotipizzazione e culturalizzazione. Domande concernenti atteggiamenti e modi di agire con una connotazione “culturale”, se formulate con il dovuto tatto, indicano all’interlocutore che lo specialista si interessa al suo mondo e rispetta la sua visione delle cose. Anche questo può essere un importante contributo ad una collaborazione in una situazione di trialogo, basata sulla fiducia.
Che importanza hanno gli aspetti non verbali?
In confronto ad un colloquio “normale”, cioè a un dialogo, il trialogo dura generalmente più a lungo e per i singoli partecipanti al colloquio comporta più pause. In questo modo lo specialista ha più occasioni per badare ai segnali non verbali del suo interlocutore (suono della voce, espressione del viso, portamento del corpo, gesticolazione, ecc.). Quando non è possibile comunicare verbalmente e in modo diretto, o se risulta particolarmente difficile, a causa delle barriere linguistiche, queste infomazioni supplementari sono preziose o addirittura decisive per il buon andamento e l’esito del colloquio. Se lo specialista fa fatica a capire bene i segnali non verbali, che spesso hanno una connotazione fortemente culturale, tali segnali possono esser analizzati nel colloquio finale con l’interprete interculturale.
A che cosa serve un colloquio finale?
Il colloquio finale fra lo specialista e l’interprete interculturale serve a passare in rassegna il colloquio e a scambiarsi le proprie opinioni sull’incontro. Possono inoltre essere discussi eventuali aspetti poco chiari e verificate o formulate domande, osservazioni, ipotesi concernenti dichiarazioni e attegggiamenti dei partecipanti al colloquio.
Nello scambio reciproco di impressioni si possono chiarire l’andamento del colloquio, la distribuzione e la percezione dei ruoli e vedere se le aspettative sono state soddisfatte. Possibili miglioramenti possono essere discussi in occasione di una successiva collaborazione.
Anche un vero e proprio debriefing può essere indicato nell’ambito di un colloquio finale. Quale perno attorno al quale ruota tutto il colloquio l’interprete interculturale si trova in una posizione esposta. I contenuti del colloquio difficili (malattie, decessi, storie traumatizzanti, esperienze di fuga, ecc.) possono toccarlo emotivamente da vicino perché spesso ha magari vissuto esperienze analoghe. In simili casi, l’interprete interculturale è contento di poter comunicare a qualcuno le proprie emozioni e i propri pensieri dopo il colloquio.